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Codex  venne  regalato  dal  popolo  di  Costantinopoli  ad  Anicia  Giuliana
            (Annika), figlia dell'imperatore d'Occidente Anicio Olibrio e di Placidia,

            figlia dell'imperatore Valentiniano III e nipote di Galla Placidia, verso  il
            512-513  per  ringraziarla  della  costruzione  di  una  chiesa  dedicata  alla
            Madonna.  L'ultimo  proprietario  del  codice  a  Costantinopoli,  divenuta
            intanto  Istanbul,  fu  l'ebreo  Moise  Hamon  medico  di  Solimano  il

            Magnifico.  Qui  nel  Cinquecento  lo  scoprì  l'ambasciatore  dell'imperatore
            Ferdinando  I,  Augherius  de  Busbecq.  Il  figlio  di  Hamon  lo  vendette
            all'imperatore Massimiliano II d'Austria. Fu portato a Vienna e conservato

            nella biblioteca. Dal 1997 il manoscritto è stato iscritto dall'UNESCO nel
            Memory of the world register.


            Della  stessa  epoca  è  un  codice  pergamenaceo  conservato  a  Napoli  :  le
            immagini  di  questo  codice,  interamente  dipinte,  sono  fondamentalmente

            realistiche  ma  con  elementi  più  stilizzati  che  hanno  fatto  ipotizzare  agli
            studiosi che non si tratti di raffigurazioni derivanti dall’osservazione dal
            vero  delle  piante,  ma  di  copie  prese  guardando  un  modello  più  antico,

            ancor  più  realistico  e  ricco  di  particolari  o,  in  alternativa  di  immagini
            create dal miniatore basandosi sulla descrizione testuale, come farebbero
            supporre alcune raffigurazioni decisamente meno aderenti alla realtà.


            In epoca latina dovevano con ogni probabilità circolare erbari illustrati che
            comprendevano immagini derivanti da copie di modelli precedenti, sempre

            meno realistiche e particolareggiate, al punto da far sostenere a Plinio il
            Vecchio nella sua Naturalis Historia che spesso da tali immagini non era in
            alcun  modo  possibile  riconoscere  le  piante,  arrivando  quasi  a  sostenere

            l'inutilità della rappresentazione botanica (Nat. Hist., XXV, 4-8).


            IL MEDIOEVO


            Gli  antichi  manoscritti  botanici,  in  epoca  medievale,  vennero  trascritti
            soprattutto  nei  monasteri  e  in  altri  centri  religiosi,  nei  cui  giardini  era

            frequente imbattersi in orti botanici, horti conclusi, con piante mediche o
            destinate ad uso alimentare. Questa consuetudine si rivelò proficua per il
            mondo  della  botanica  che,  grazie  ai  monaci,  si  arricchì  di  novità.  Ed  è

            proprio  nella  stessa  epoca  che  iniziarono  a  diffondersi  i  primi  erbari,
            Herbaria,  illustrazioni  raffiguranti  piante  medicinali  arricchite  da  brevi
            descrizioni.





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